La parola “grattacielo” è la traduzione fedele del termine americano sky-scraper.
È dagli Stati Uniti, infatti, che deriva il modello dell’edificio alto con la testa fra le nuvole. Dove alto significa più di 15-20 piani. O meglio, i grattacieli dovrebbero superare i 100 metri di altezza.
I primissimi edifici a torre ad avvicinarsi a questa soglia sono stati i palazzi di New York, anche se la storia dei grattacieli ha origine dalla cosiddetta Scuola di Chicago, che pose le basi per portare in alto l’architettura americana.
La Chicago School fu un movimento fondato da un gruppo di architetti statunitensi a cavallo tra Ottocento e Novecento. Il loro obiettivo? Ricostruire la città dopo l’incendio del 1871, e farlo con l’architettura, quella vera. Apportarono, infatti, un’innovazione tecnologica fondamentale per il futuro delle costruzioni: la struttura in acciaio, più resistente al fuoco rispetto alle precedenti in legno.
Ma, soprattutto, il nuovo materiale era in grado di svilupparsi in altezza come mai era stato possibile (il calcestruzzo armato verrà dopo: in America non era ancora conosciuto perché stava nascendo in quegli anni in Europa, grazie al brevetto dell’ingegnere francese François Hennebique).
Una storia partita da Chicago: il primo grattacielo
L’Home Insurance Building progettato da William Le Baron Jenney
(appartenente alla Scuola di Chicago) viene considerato tuttora il primo grattacielo della storia, anche se raggiunge solo i 42 metri di altezza.
Il palazzo ultimato nel 1885 nel centro di Chicago è costruito con una struttura in acciaio e avvolto da un rivestimento in laterizio, come voleva la tradizione dell’epoca. Siamo ancora distanti dall’idea di grattacieli che abbiamo oggi.
Dieci anni più tardi Daniel Burnham (sempre Scuola di Chicago) progetta il Reliance Building, di 15 piani e 62 metri di altezza. Si tratta del primo grattacielo a mostrare all’esterno la costruzione in acciaio e a sfruttare la struttura trave-pilastro tipica del materiale per aprire grandi finestre in vetro nelle facciate.
La scelta di far sviluppare la città in altezza non è solo estetica e tecnologica, ma è soprattutto dovuta a ragioni economiche, come quella legate all’alto costo dei lotti fabbricabili nei centri delle nuove metropoli americane. E così, da Chicago a New York il passo è breve.
Da Chicago a New York
Fu lo stesso Daniel Burnham a portare il modello skyscraper a Manhattan. E fu sua l’opera più caratteristica di quegli anni: il Flatiron Building, ovvero “edifico a ferro da stiro”. La forma triangolare è dovuta al lotto su cui venne edificato, tra la 23a strada, la Fifth Avenue e Broadway. Quando fu completato nel 1902, contava 86,9 metri di altezza, un record per l’epoca. Tanto che i newyorkesi ne furono così attratti da scommettere quanto a lungo sarebbe riuscito a resistere alle forti raffiche di vento che soffiano dove sorge.
Nei primi anni del Novecento iniziò una vera e propria corsa al grattacielo più alto. Una competizione non molto distante da quella che avveniva nelle città medievali tra le famiglie più ricche e in vista, che cercavano di primeggiare con torri altissime.
Come quelle toscane di San Gimignano, oppure come l’incredibile torre Guinigi di Lucca, famosa per la presenza di alcuni alberi di leccio sulla sua sommità: un vero e proprio precursore del Bosco Verticale di Stefano Boeri a Milano.
L’altezza aumenta, cambiano forma e struttura
La sfida per la conquista del cielo era stata lanciata. Il concorso internazionale di progettazione per la nuova sede del Chicago Tribune, nel 1922, rappresentò il giro di boa per tutti i grattacieli successivi. Divenne un vero e proprio evento storico nell’architettura del XX secolo, a cui parteciparono anche progettisti italiani, tra cui Marcello Piacentini. La competizione partorì un edificio più alto della fatidica soglia dei 100 metri (140 m per l’esattezza), firmato da Raymond Hood e John Mead Howells, che proposero uno stile gotico capace di mitigare la verticalità unica dell’edificio.
I progetti in concorso furono pubblicati e pubblicizzati dalla stampa di allora, in modo che chiunque potesse farsi un parere sulle numerose e contrastanti idee presentate.
I principali architetti del mondo si erano sfidati sul nuovo simbolo dell’età moderna – il grattacielo – per definire lo stile della loro epoca.
Al pari con l’altezza sempre maggiore si andava perfezionando la struttura: i primi telai di acciaio furono rinforzati con l’inserimento di nuclei in calcestruzzo armato, nella continua ricerca di un equilibrio tra solidità, flessibilità e leggerezza. Leggerezza, per evitare che la struttura collassi sotto il suo stesso peso. Solidità, per resistere al vento contro cui è necessario che l’edificio sia anche flessibile in modo da piegarsi come una barca a vela ed evitare di spezzarsi.
Dal gotico al razionalismo
Fu soprattutto Manhattan la fucina di sperimentazione dei grattacieli: nella prima metà del XX secolo l’isola di New York cambiò volto grazie alla costruzione dei suoi edifici simbolo, come il Chrisler Building, l’Empire State e il Rockfeller Center. Grazie all’avanguardia delle tecnologie costruttive utilizzate, i cantieri erano in grado di terminare in meno di due anni (anche meglio di oggi!). L’Empire State Building, nello specifico, è passato alla storia come la torre dei primati: per più di trent’anni è stato il grattacielo costruito più velocemente (20 mesi), ma anche il più alto del mondo (con 381 metri) e il primo ad avere più di cento piani.
Il gotico e l’art decò contraddistinsero i primi grattacieli di Manhattan. Fu solo dopo la Seconda guerra mondiale che l’architettura americana venne fortemente influenzata dal razionalismo europeo. E chi meglio del maestro tedesco Ludwig Mies van der Rohe per fornire un modello da seguire? Nel 1958 sorse a New York il suo Seagram Building (157 metri di altezza), un sobrio parallelepipedo rivestito in vetro e alluminio di colore bronzeo, perfetta unione di semplicità ed eleganza. Iniziò così a prendere piede la concezione di grattacielo come volume puro e cristallino, capace di evolversi sia verso forme post-moderne sia verso l’high tech.
La sfida in altezza made in Usa
Fin dal principio a contendersi il primato per il grattacielo più alto del mondo furono Chicago e New York. La sfida continuò nell’arco di tutto il Novecento, bruciando record su record. Fu così che nel 1969 nacque a Chicago il John Hancock Center (344 metri di altezza), il primo grattacielo al mondo a destinazione mista, che ospita abitazioni, alberghi, uffici, negozi, palestre. Nel 1973, poi, le Torri gemelle del World Trade Center raggiunsero i 417 metri.
Ancora: nel 1974 venne realizzata la Willis Tower (anche nota come Sears Tower) che con i suoi 442 metri di altezza mantenne il primato di edificio più alto del mondo fino al 1996, anno della costruzione delle Torri Petronas (453 metri) di Kuala Lumpur, in Malaysia. New York si riprese il primato nel 2014, quando venne terminato il One World Trade Center (541 metri), chiamato anche Freedom Tower, realizzato dopo il crollo delle Torri gemelle a causa degli attentati dell’11 settembre 2001.
Ad oggi i grattacieli più alti di New York sono i seguenti:
- One World Trade Center, 2014, 541 m
- Central Park Tower, 2020, 472 m
- 111 West 57th Street, 2020, 435 m (è il più sottile al mondo grazie al rapporto tra base e altezza di 1:24)
- 432 Park Avenue, 2015, 426 m (è l’edificio residenziale più alto del mondo)
- 30 Hudson Yards, 2019, 386 m (comprende il ponte di osservazione con pavimento in vetro più alto al mondo, al centesimo piano)
Ecco, invece, la classifica dei grattacieli più alti di Chicago:
- Willis Tower, 1978, 442 m
- Trump International Hotel and Tower, 2009, 423 m (è il più alto edificio alberghiero del mondo)
- Aon Center, 1973, 346 m
- John Hancock Center, 1969, 344 m (è stato il primo al mondo a destinazione mista)
- AT&T Corporate Center, 1989, 307 m
I nuovi grattacieli puntano a Oriente
Tra il XX e il XI secolo il primato della verticalità passa alle nazioni emergenti del Medio e dell’Estremo Oriente. Le prime torri asiatiche ad essere considerate il grattacielo più alto del mondo sono le Petronas Towers di Kuala Lumpur, progettate nel 1996 da César Pelli, lo stesso architetto della Torre Unicredit di Milano. Alla fine del 2004 è stato inaugurato in Cina il Taipei 101, il primissimo edificio a superare i 500 metri in verticale, fino ad arrivare all’attuale grattacielo più alto del mondo, il Burj Khalifa di Dubai (828 metri).
Fra tutte le nazioni, è la Cina a costruire più grattacieli oggi. I dati sono impressionanti: nel Paese asiatico sono ben 57 gli edifici alti almeno 200 metri. Se si considerano esclusivamente quelli più alti di 150 metri, invece, ne sono stati costruiti addirittura 1.112 solo tra il 2003 e il 2017. La motivazione di questa abbondanza non è solo da ricercare nella diretta proporzione con la popolazione, che supera il miliardo e 400 milioni di persone, ma è dovuta anche al fatto che la Cina sembra aver eletto il grattacielo a simbolo della sua forza economica.
Cina, verticalità estrema
Basti pensare a Shanghai nel 1990. Se si fosse guardato verso il fiume, non si sarebbe visto quasi niente, solo una zona paludosa. Ma già nel 2000 era cambiato tutto: in soli dieci anni la città era diventata una delle più grandi megalopoli della Cina. Sembrerebbe che nel Paese asiatico il tempo rappresenti un fattore che non funziona secondo le stesse regole che conosciamo in Europa. Come evidenzia il caso della metropolitana di Pechino, che nel 2006 aveva solo due linee, e nel 2008 erano già 10 (anche grazie a un’Olimpiade nel mezzo).
Ad oggi i grattacieli più alti della Cina sono i seguenti:
- Shanghai Tower, 2015, 632 m (possiede gli ascensori più veloci del mondo con una velocità massima di 74 km/h)
- Ping An Finance Centre, Shenzhen, 2016, 599 m
- Guangzhou CTF Finance Centre, 2016, 530 m
- Tianjin CTF Finance Centre, 2020, 530 m
- China Zun, Pechino, 2019, 528 m (è l’unico a superare i cento piani nella capitale cinese)
Per quanto riguarda il fattore spazio, la verticalità è ormai un principio identitario e un consolidato modello abitativo nelle città cinesi di prima e seconda fascia, che ha portato alla nascita di servizi innovativi per favorire i consumi e stimolare nuove abitudini e nuovi stili di vita.
Nuove tecnologie, nuove altezze
Le moderne miscele di calcestruzzo sono rinforzate con fibre di acciaio e polimeri idrofobi che prevengono le crepe. Il cemento armato del Burj Khalifa di Dubai, per esempio, può sopportare una pressione di circa 8mila tonnellate per metro quadro. Ma per impedire il crollo di una torre da circa mezzo milione di tonnellate sono stati anche conficcati 192 piloni di calcestruzzo e acciaio a oltre 50 metri di profondità. Le fondazioni, infatti, sono necessarie per non fare sprofondare edifici così pesanti.
Contro la forza del vento, invece, i grattacieli devono usare armi diverse. Le correnti a 100 metri di altezza, infatti, possono arrivare normalmente a pressioni di oltre 7,5 chili per metro quadro. Per resistere a queste forze orizzontali è fondamentale l’uso di controventamenti all’interno o all’esterno dell’edificio, ma può aiutare allo scopo anche una forma aerodinamica della torre: strutture come quella affusolata della Shanghai Tower possono ridurre la pressione del vento addirittura di un quarto.
Le correnti d’aria sono più forti sulla cima dell’edificio. Per questo motivo è necessario addurre un accorgimento in più, in modo da evitare che il vento faccia oscillare i piani più alti. La soluzione? Molte torri possiedono un contrappeso da centinaia di tonnellate sulla sommità, per controbilanciare le forze orizzontali. Il Taipei 101, per esempio, accoglie una enorme sfera metallica all’87esimo piano che assorbe l’energia cinetica dell’edificio quando inizia a oscillare. I cilindri idraulici che collegano la sfera alla torre disperdono le forze ammortizzando la struttura.
L’Italia non è un paese per grattacieli?
Il primo grattacielo italiano a superare i 100 metri di altezza fu la Torre Piacentini di Genova nel 1940. Ma i più iconici edifici a torre del Novecento vengono costruiti a Milano negli anni Sessanta. Uno è il Grattacielo Pirelli: realizzato nel 1961 da Gio Ponti e Pier Luigi Nervi, ha detenuto il record di edificio più alto dell’Unione europea per nove anni, dal 1958 al 1966, con i suoi 127 metri da terra. Un altro grattacielo iconico di Milano è la Torre Velasca (106 m). Costruita nel 1961 su progetto di studio BBPR, rappresenta uno dei pochi esempi italiani di architettura brutalista.
Tornando a Genova, negli anni Novanta fu realizzato un grattacielo dal respiro internazionale. Si tratta del Matitone (109 m), progettato da quello stesso studio Som (Skidmore, Owings and Merrill LLP) che nel 1969 firmò il John Hancock Center di Chicago e nel 2010 niente meno che il Burj Khalifa. La torre genovese deve il suo nome alla particolarissima forma architettonica che la fa assomigliare a una grossa matita: un volume ottagonale che è stato ispirato al campanile della chiesa di San Donato nel centro storico della città.
Ad oggi i grattacieli più alti d’Italia sono i seguenti:
- Torre Isozaki, 2015, 249,2 m
- Torre Unicredit, 2012, 231 m
- Grattacielo della Regione Piemonte, 2020, 209 m
- Torre Generali, 2017, 192 m
- Torre Libeskind, 2019, 175 m
Come evidenziato dalla classifica, la maggior parte dei grattacieli italiani si trovano a Milano. L’edificio più alto di Milano – la Torre Isozaki – fa parte del grande intervento urbanistico che ha riqualificato l’area della storica Fiera Campionaria della città.
Il nuovo quartiere formatosi – CityLife – ospita altri due giganti subito entrati nella top five dei più alti d’Italia: la Torre Hadid e la Torre Libeskind, che ospitano rispettivamente gli uffici di Generali e Pwc. La Torre Isozaki, invece, è la sede milanese di Allianz: è stata la prima del trittico a essere ultimata, nel 2015, ed è alta 249 metri, compresa l’antenna. Se quest’ultima non venisse contata, il primato andrebbe alla Torre Unicredit, progettata dallo stesso César Pelli che realizzò in Malesia le Petronas Towers.
Grattacieli made in Italy nel mondo
Una menzione finale va a due architetti italiani contemporanei, capaci di esportare l’eccellenza tecnologica e costruttiva made in Italy in tutto il mondo.
Le loro opere sono comprese nella lista dei 50 grattacieli più iconici degli ultimi 50 anni, secondo il Council on tall buildings and urban habitat (Ctbuh). Parliamo di Renzo Piano e Stefano Boeri, rispettivamente progettisti della Scheggia di Londra (43esimo posto in classifica) e del Bosco Verticale di Milano (14esimo posto).
Il primo non ha bisogno di presentazioni: è il più famoso architetto italiano nel mondo e l’unico a vincere il Premio Pritzker dopo Aldo Rossi. Con i suoi 309,67 metri, la Scheggia è la torre più alta del Regno Unito ed è stata la più alta d’Europa fino al 2020, quando è stata superata dal grattacielo Varso di Varsavia (310 m).
The Shard è stata concepita come una forma rastremata che emerge dal Tamigi, in modo da ricordare una sorta di vela che sorge dall’acqua, ma l’aspetto interamente cristallino l’ha resa simile a una scheggia di vetro, e da qui il nome.
L’architetto Stefano Boeri, invece, è diventato famoso nel 2014 grazie al Bosco Verticale, un progetto esportato in tutto il mondo e riconosciuto nel 2015 dal Council on Tall Buildings and Urban Habitat come “grattacielo più bello e innovativo del mondo”. Il verde ospitato nelle ampie terrazze del Bosco Verticale è composto da 480 grandi alberi, 250 piccoli alberi, 11mila piante e 5mila arbusti che migliorano la qualità dell’aria e mitigano l’effetto di calore urbano. Si tratta di un esempio lampante per le future generazioni, un modello a cui ispirarsi, capace di effettuare cambiamenti ambientali positivi nelle metropoli moderne. Niente di strutturalmente innovativo, ma una vera e propria idea di stile in grado di accelerare la sensibilità del mondo verso la sostenibilità.