Prendiamo quota per non cozzare contro qualche grattacielo. La nave lascia una scia turbinosa dietro sé e in un batter d’occhio rivediamo il cielo azzurro sopra le grigie nuvole. Un salto spazio-temporale, e lì in fondo, sopra l’orizzonte, si erge una città volante. Qui gli abitanti si sono impadroniti del cielo non solo con mezzi volanti ma anche con mega-strutture, elevate verso quei luoghi che in origine appartenevano solo agli dèi.
La città si staglia gigantesca e fluttuante, ma sorretta da un gambo che scende giù fino a confondersi nella foschia. È Cloud City, circolare manufatto statico in mezzo al vuoto. L’approdo è da ogni dove. Non presenta lati verso chi vi fa visita, ma una superficie continua. Isolata e concentrata in un disco volante, la città ha il nulla intorno e al suo interno tutto ciò che serve. Non appare pesante perché si trova altissima nel cielo e non tocca il suolo, il quale può essere così liberato da strade, binari, viadotti e ritornare a essere quello che è: terra.
Il modello di architettura di Paolo Soleri
La forma di Cloud City e il suo principio ricordano i bellissimi disegni di Mesa City, in cui Paolo Soleri trasmetteva la sua visione di una “Arcologia” per lui possibile, unione di architettura ed ecologia. Come molti altri del suo tempo, Soleri fu fortemente colpito dalle opere di Frank Lloyd Wright e dopo la laurea lasciò l’Italia per andare a lavorare nello studio dell’architetto statunitense, nella storica sede di Taliesin West. La visione di Soleri è profondamente connessa a quella di Wright – un’architettura organica in armonia con il paesaggio, in un equilibrio tra manufatto e natura – ma allo stesso tempo estremizzata per mezzo del principio della minima urbanizzazione, che intacchi nel minor modo possibile l’ambiente. Il risultato è la concezione di veri e propri hyper-building ad alta densità abitativa, al di sotto dei quali sia possibile liberare il massimo della superficie terrestre. Edifici che si elevano in altezza, su, fino alle nuvole, in modo da non estendersi in orizzontale e lasciare libero il suolo.
Nella mente di Soleri questi mega-edifici avrebbero aiutato a preservare la terra, ma su di essa avrebbero avuto anche un impatto significativo, prima di tutto visivo. Da chilometri di distanza, o mentre ci libriamo altissimi in aria, avremmo potuto riconoscere questi segni indelebili in grado di caratterizzare da lontanissimo un paesaggio naturale e diventare il simbolo di quel paesaggio, più degli alberi e delle colline circostanti. Invece, l’altissima città di Cloud CIty è talmente elevata che dal basso della superficie terrestre non si vede. L’importante è non finire come Icaro.