Il Giappone ha preso la sua decisione. L’acqua radioattiva di Fukushima verrà smaltita nell’Oceano Pacifico. A dare la notizia è il premier Yoshihide Suga, ed è subito caos. L’idea di gettare oltre un milione di tonnellate di liquido contaminato in mare fa storcere il naso alle industrie locali e ai Paesi vicini.
Il disastro nucleare di Fukushima
Ma facciamo un passo indietro. Nel marzo 2011 il Giappone inizia a tremare; il terremoto di magnitudo 9.0 – con epicentro al largo della costa della regione di Tohoku, nel nord del Paese – smuove le acque, provocando uno tsunami alto 14 metri. Gli effetti sono devastanti e si concentrano principalmente nelle prefetture di Fukushima, Iwate e Miyagi. Si contano oltre 18mila vittime e i danni alla centrale nucleare di Fukushima Daiichi causa gravi dispersioni di radiazioni.
Acqua radioattiva: non si può più aspettare
Sono passati dieci anni dal disastro nucleare e l’acqua radioattiva di Fukushima – utilizzata per il raffreddamento dei reattori danneggiati – deve essere necessariamente smaltita. Le cisterne destinate alla raccolta del liquido, infatti, stanno raggiungendo la massima capacità. E Tokyo è decisa a iniziare l’operazione di scarico tra due anni.
Le proteste
Se gli Stati Uniti si dicono pronti ad appoggiare una soluzione necessaria, le industrie locali della pesca e dell’agricoltura si oppongono a un progetto accusato di distruggere nei prossimi trent’anni economia e ambiente.
E in queste ore anche altri Paesi esprimono le loro preoccupazioni. La centrale nucleare produce ogni giorno 140 tonnellate di acqua contaminata che, nonostante i trattamenti negli impianti di bonifica, contiene il trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno.
Zhao Lijian, portavoce del ministero degli esteri cinese, ha invitato il Giappone a confrontarsi con l’AIEA (Agenzia internazionale per l’energia atomica) e con altri Paesi prima di decidersi definitivamente. A opporsi categoricamente al progetto è Koo Yun Cheol, ministro sudcoreano per il coordinamento delle politiche governative, che denuncia un’alleanza di 31 gruppi civici pro-ambiente.
Anche Greenpeace Giappone fa sentire la sua voce, e in un nota esprime tutta la sua contrarietà:
“Questa decisione ignora completamente i diritti umani e gli interessi della gente di Fukushima e in generale del Giappone e della parte di Asia che si affaccia sul Pacifico”.
Acqua di Fukushima: le rassicurazioni
Le rassicurazioni non tardano ad arrivare. Rafael Mariano Grossi, direttore generale dell’AIEA, accoglie con favore l’annuncio del Giappone.
“La decisione del governo giapponese – dichiara il direttore – è in linea con la pratica a livello globale, anche se la grande quantità di acqua nello stabilimento di Fukushima lo rende un caso unico e complesso”.
Assicurando che il metodo di smaltimento dell’acqua scelto dal Giappone è tecnicamente fattibile, Grossi afferma che l’agenzia è pronta a fornire supporto tecnico nel monitoraggio e nella revisione della sicurezza del piano e dell’attuazione trasparente.
Ma le parole del direttore generale non sono ancora riuscite a quietare i malumori. E mentre si attendono nuovi sviluppi, a essere limpido è sicuramente il dubbio che forse gli effetti del disastro di Fukushima non sono ancora pronti a cessare.