La minaccia del cambiamento climatico ha incrementato negli ultimi anni il senso di responsabilità nei confronti del pianeta. Ma la lotta per l’ambiente è un lungo percorso che inizia nel 1995 con la prima COP, per proseguire con l’Agenda 2030 e la COP26.
La COP (Conference of Parties) è la riunione annuale dei Paesi che hanno approvato la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) in occasione del Summit della Terra (1992) per la riduzione delle emissioni.
Dal 1995 ad oggi, sono state convocate 26 COP. Tra tutte, la COP21 è riuscita – attraverso l’Accordo di Parigi – a tracciare obiettivi ben definiti, riposizionando la questione ambientale nell’agenda politica ed economica mondiale.
Successivamente, quanto stabilito nell’Accordo, è diventato la base per la formulazione di un intervento importante: l’Agenda 2030.
Cos’è l’Agenda 2030
L’Agenda 2030 è un programma d’azione per le persone, il pianeta e per una prosperità condivisa.
Sottoscritto il 25 settembre del 2015 da 193 Paesi membri dell’ONU, il programma prevede 17 obiettivi – per un totale di 169 target specifici – da raggiungere entro il 2030 per garantire lo Sviluppo Sostenibile. E questo sviluppo passa attraverso l’equilibrio di tre ambiti: crescita economica, inclusione sociale e protezione dell’ambiente.
Scopo dell’Agenda, quindi, è il cambiamento di rotta verso un mondo dove soddisfare i bisogni attuali senza mettere in pericolo quelli futuri.
Il programma dell’Agenda 2030: fissati 17 obiettivi
Dopo vari negoziati, i Governi membri sono riusciti a tracciare le linee del programma dando il via ai lavori il 1° gennaio del 2016.
Tutti gli obiettivi si basano sulla precedente Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite, firmata nel 2000. In questo senso, l’Agenda vuole ripartire dai risultati ottenuti dalla Dichiarazione per realizzare quelli non ancora attuati.
Questo porta alla progettazione di ben 17 finalità da raggiungere entro il 2030: 1 – sconfiggere la povertà; 2 – sconfiggere la fame, 3 – salute e benessere; 4 – istruzione di qualità; 5 – parità di genere; 6 – acqua pulita e servizi igienico sanitari; 7 – energia pulita e accessibile; 8 – lavoro dignitoso e crescita economica; 9 – imprese, innovazione e infrastrutture; 10 – ridurre le diseguaglianze; 11 – città e comunità sostenibile; 12 – consumo e produzione responsabile; 13 – lotta contro il cambiamento climatico; 14 – la vita sott’acqua; 15 – la vita sulla terra; 16 – pace, giustizia e istituzioni solide; 17 – partnership per gli obiettivi.
Gli obiettivi sono interconnessi e indivisibili. Un dettaglio non trascurabile perché – come afferma l’ONU – le volute interconnessioni assicurano la realizzazione dell’Agenda nella sua globalità.
Come raggiungere gli obiettivi: le strategie di realizzazione dell’Agenda
Per garantire la corretta realizzazione del programma, tutti i Paesi devono formulare delle strategie di sviluppo sostenibile. L’Agenda, infatti, lascia ai Paesi la possibilità di raggiungere gli obiettivi attraverso le proprie risorse, rispettando i diversi livelli di sviluppo di ogni realtà e le diverse linee politiche ed economiche.
Anche il monitoraggio è essenziale per l’applicazione del programma. Ogni anno, in sede ONU, si effettua l’HLPF (High-level Political Forum), attività di valutazione dei risultati e dei progressi di ciascun Paese e delle opinioni pubbliche nazionali e internazionali.
L’Agenda 2030 in Italia: tra progressi e insuccessi
L’Italia ha incluso i principi dell’Agenda nella Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile (SNSvS), approvata nel dicembre del 2017. A garantire l’attuazione della Strategia è la Cabina di Regia Benessere Italia che fornisce l’aggiornamento triennale della SNSvS e un coordinamento tra ministeri e organizzazioni internazionali.
La SNSvS, inoltre, deve ricollegarsi ad altri programmi come il DEF (Documento di Economia e Finanza) e il PNRR (Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza) per rilanciarne l’economia dopo la pandemia per permettere lo sviluppo verde e digitale del Paese.
Ma non solo, il 3 febbraio del 2016 nasce l’organizzazione ASviS (Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile) creata su iniziativa della Fondazione Unipolis e dell’Università di Roma ‘Tor Vergata’ per diffondere la conoscenza e la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030.
Ed è proprio l’ASviS a comunicare – con l’ultimo rapporto annuale diffuso lo scorso settembre – un rallentamento della corsa italiana al raggiungimento degli obiettivi.
In riferimento al periodo 2019-2020, soltanto 3 delle 17 finalità hanno presentato dei miglioramenti (cambiamento climatico, energia, pace e giustizia) mentre gli altri oscillano tra staticità e peggioramenti. Una brusca frenata per il Bel paese provocata principalmente dall’avvento del Covid-19.
Gli effetti negativi della frenata italiana, purtroppo, raddoppiano se inseriti nel quadro della nuova COP che chiama tutti i Paesi a discutere anche dei progressi in materia ambientale.
COP26: a che punto siamo nella lotta al cambiamento climatico?
Dal 31 ottobre al 13 novembre 2021 si è tenuta a Glasgow (Scozia) la 26esima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. L’ONU ha riunito circa 190 leader mondiali, migliaia di rappresentanti di governo e imprese per tredici giorni di negoziati a tema clima. I diversi Paesi sono stati chiamati a discutere, come stabilito nell’Accordo di Parigi, degli aggiornamenti dei propri piani per la riduzione delle emissioni e a mobilitarsi per la salvaguardia del pianeta.
I risultati raggiunti
Nella giornata di sabato 13 novembre, è stato raggiunto l’accordo Glasgow Climate Pact. Con questa intesa si fissa l’obiettivo di decarbonizzazione che prevede un taglio del 45% di emissioni rispetto al 2010, con lo scopo zero emissioni entro il 2050. Inoltre i Paesi si impegnano a rivisitare i piani di riduzione delle emissioni entro il prossimo anno per riuscire a tenere il riscaldamento globale sotto 1,5 gradi dai livelli pre-industriali.
Ben 134 paesi (tra cui Brasile, Russia e Cina) collaboreranno per fermare la deforestazione entro il 2030, stanziando 19,2 miliardi di dollari, e per ridurre del 30% le emissioni di metano. Venticinque paesi, Italia compresa, si mobiliteranno per dire basta al finanziamento di centrali a carbone all’estero.
30 Paesi e 11 produttori di auto, invece, decidono di impegnarsi per vendere, entro il 2035, auto e furgoni a zero emissioni nei paesi più sviluppati e nel resto del mondo entro il 2040.
Grande attenzione è stata posta anche alle rinnovabili. L’accordo invita tutti i Paesi ad accelerare il lavoro di istallazioni delle fonti energetiche rinnovabili.
Ma non solo, con la Cop26 si concretizzano le linee guida di tre dossier previsti nell’Accordo di Parigi: il mercato globale delle emissioni di carbonio, il reporting format con le norme con cui gli stati comunicano i loro risultati nella decarbonizzazione e le norme per l’attuazione dell’Accordo di Parigi.
COP26: Gli obiettivi sfumati
La COP26 non ha prodotto solo risultati, ma anche molti malcontenti. Quella che è stata definita ‘la più grande delusione di Glasgow’, riguarda un mancato addio alle fonti fossili. Le precedenti bozze dell’accordo, infatti, prevedevano l’eliminazione delle centrali a carbone e dei sussidi alle fonti fossili. L’idea non è piaciuta a Cina e India pronte a precisare che il compito di fornire prescrizioni sulle fonti energetiche non spetta all’ONU; l’India si riconferma favorevole a utilizzare i combustibili fossili.
Le braccia incrociate di Cina e India sono responsabili di un grande cambiamento nell’accordo: il passaggio dalla ‘eliminazione graduale’ del carbone alla sua ‘riduzione graduale’.
Altro obiettivo sfumato – questa volta per colpa di America e Unione Europea – riguarda l’istituzione della Glasgow Facility on Loss and Damage, organo per fornire finanziamenti ai Paesi che attualmente sono colpiti dai disastri climatici.
I traguardi rinviati della COP26
Non è certo la prima volta che il tema finanziamenti delude. Il precedente obiettivo dei 100 miliardi di dollari all’anno a sostegno della transizione energetica promessi nel 2009 a Copenaghen non è stato rispettato. Il traguardo è rimandato al 2023.
Ma c’è anche un altro rinvio a far storcere parecchi nasi: l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale sotto 1,5 gradi; secondo l’accordo, tutti i Paesi saranno chiamati a riunirsi il prossimo anno per concordare ulteriori tagli e rispettare l’ambito traguardo. I patti stabiliti dalla COP attualmente riuscirebbero a fissare la soglia a 2,4 gradi. Un dato che rende ancora più imminente il pericolo del riscaldamento globale e delle sue conseguenze.
Agenda 2030 e COP26: la strada è ancora lunga
L’incontro a Glasgow fotografa una situazione attuale ancora emergenziale. Se gli obiettivi fissati nell’Agenda 2030 appaiono ancora lontani, i patti sanciti nella COP26 risultano ancora poco soddisfacenti. Due strumenti d’azione per il clima come L’agenda 2030 e la COP26, quindi, non soddisfano appieno le aspettative. La strada per il cambiamento è, purtroppo, ancora lunga.