Più di mille persone, nei giorni scorsi, si sono riunite a Roma per sostenere che l’acqua sia un bene pubblico inalienabile. Ma se nel 2011 gli italiani avevano già votato in massa (27 milioni) proprio per eliminare ogni possibilità di privatizzazione, difendendo appunto l’acqua pubblica, come si spiega questa manifestazione? Spieghiamolo.
La situazione attuale
A dicembre del 2020 l’acqua è stata quotata in Borsa, in un clima di strano silenzio generale. Ma non solo, secondo gli organizzatori della manifestazione, il Forum Italiano dei Movimenti per l’acqua, anche il Recovery Plan voluto da Mario Draghi punterebbe a un sostanziale obbligo alla privatizzazione, soprattutto per il Mezzogiorno.
In Italia uno dei grandi problemi è la manutenzione della rete. Gli acquedotti sono obsoleti e determinano una dispersione pari al 35% del totale (calcolo di Federconsumatori), mentre in bolletta viene pagata anche una quota destinata all’ammodernamento della rete idrica tricolore.
Ma la privatizzazione risolverebbe i problemi? In realtà è già presente una parziale privatizzazione. Infatti, sia al Sud che al Nord, aziende private partecipano agli utili, mentre solo a Napoli c’è una gestione totalmente pubblica.
Paolo Carsetti del Forum Italiano Movimenti per l’Acqua, ha dichiarato:
“Il tema dell’acqua e del riconoscimento come bene comune è passato nella cultura comune, ma non in quella politica e amministrativa dei nostri rappresentanti che – a diversi livelli – hanno disconosciuto e osteggiato il risultato referendario. Per questo torniamo nelle Piazze a distanza di 10 anni dal referendum“.
Gli aumenti dell’acqua pubblica
Quanto sia prezioso questo bene gli italiani lo possono veder bene anche in bolletta. Secondo i dati diffusa dall’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva, finanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico, la spesa media delle famiglie italiane per l’acqua ha subito un incremento del 2,6% nel 2020. Al Centro Italia si trovano le tariffe più alta, tra le quali spicca la Toscana con 710 euro (+3,2%), mentre la regione più economica è il Molise con 181 euro.
E le cifre del risparmio e della sostenibilità non vanno meglio: la dispersione idrica arriva fino al 55% in Abruzzo, con una media nazionale intorno al 50%. E ancora quasi la metà degli italiani preferiscono l’acqua imbottigliata, il 43,7% (di cui il 62% utilizza bottiglie in plastica).
Dall’acqua al nucleare
Le istanze dei manifestanti riuniti a Piazza dell’Esquilino non si sono fermate all’acqua pubblica, ma hanno coinvolto anche il nucleare. In quel referendum di dieci anni fa, infatti, gli italiani avevano votato “no” al nucleare, ma secondo il segretario di Rifondazione comunista Maurizio Acerbo, potrebbe non esser stato sufficiente perché “il ministro alla transizione ecologica Cingolani sta cercando di riproporlo”.