Le due torri Di Vittorio furono commissionate sul finire degli anni ’70 dal Comune di Torino alla Cooperativa Polithema e realizzate dalla Cooperativa Giuseppe Di Vittorio, da cui prendono il nome.
Simbolo dell’espansione della città di Torino verso la periferia, a seguito dell’ingente flusso migratorio dal Sud Italia, rappresentano il primo impatto visivo per chi entra in città dall’autostrada A4.
Torri razionaliste
Gli edifici sono anche il simbolo dell’innovazione tecnologica raggiunta nei sistemi costruttivi dell’epoca: rappresentano infatti uno dei primi cantieri a impiegare la tecnica della prefabbricazione con il sistema delle casseforme per il getto in opera di calcestruzzo armato, oltre a osservare tutte le norme vigenti al tempo in materia antisismica.
Le torri Di Vittorio si sviluppano per un’altezza di circa 70 metri fino al tetto, sormontato da grosse insegne pubblicitarie, e ospitano 21 piani ciascuna. La limitata flessibilità della struttura è controbilanciata dall’attento studio della disposizione planimetrica e da una dinamica articolazione dei prismi costruiti. L’attenzione ai dettagli si nota nelle variazioni in altezza dei coronamenti oppure nell’alternanza delle pareti cieche, che muovono la facciata e rendono i volumi più dinamici.
Gli edifici governati da un linguaggio di chiara derivazione razionalista e posti in immediata prossimità dell’innesto dell’autostrada Torino-Milano esercitano un chiaro ruolo di landmark segnando efficacemente l’ingresso nord della città. Un effetto ancora più evidente considerando l’eterogeneità del tessuto urbano circostante, la cui costruzione è proseguita dopo l’edificazione delle torri con principi costruttivi di scarsa qualità spaziale e architettonica.
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